L’insopportabile ferita narcisistica ricevuta da Giancarlo Caselli

Ritratti – Chi è e da dove viene il procuratore capo di Torino Giancarlo Caselli?

Giancarlo Caselli appartiene a quel genere di magistrati che pretendono di salvarti l’anima non prima di averti confiscato il corpo. All’insegna di quella che è stata la magistratura combattente durante l’emergenza degli anni Settanta, Caselli conduce sempre una battaglia su due fronti: quello giudiziario e quello del senso, ovvero sulla visione legittima delle cose da imporre.
Non chiede solo punizioni, vorrebbe soprattutto redimerti e lo fa attraverso quel singolare ossimoro della correzione che è il raddrizzamento, la messa in riga attraverso la curvatura della persona.
Un sentimento di profonda amarezza ha dunque pervaso il suo animo di fronte all’immensa ingratitudine dimostrata da quella marmaglia di potenziali colpevoli che hanno osato contestarlo, ricordandogli che in fondo non è che uno zerbino dei poteri forti, un sifone dello Stato etico.
Le contestazioni che nelle ultime settimane gli hanno impedito, prima in una libreria di Lugano, poi a Milano, infine a Genova, di presentare il suo ultimo e “preziosissimo” libro, hanno rappresentato per il suo ego carico di slancio profetico, per quel suo apostolato missionario che lo porta a propagare il verbo vittimario di una giustizia presa d’assalto da un male dalle sembianze luciferine che al posto delle corna mostra delle antenne, un’insopportabile ferita narcisistica.
Lo si è capito dalle addolorate interviste rilasciate prima al Corriere della sera e poi a Repubblica, nelle quali tra l’indispettito e l’affranto ha prima recitato la partitura del perseguitato, un genere che va di moda e può portare al successo come ha dimostrato Roberto Saviano, per poi lanciare il consueto anatema contro i manifestanti valsusini e i contestatori dei suoi libri raffigurati alla stregua di stupratori e mafiosi.

E’ troppo abituato, il dottor Caselli, ad avere davanti a sé solo degli imputati che la pressione coercitiva dello stato d’arresto pone in condizione d’inferiorità. E’ troppo abituato, il dottor Caselli, a ragionare non con i concetti ma a colpi di custodia cautelare appesantita dalla situazione d’isolamento giudiziario, magari disposto in un istituto di massima sicurezza. Ha fatto troppo l’abitudine, il dottor Caselli, ad avvalersi di quelle condizioni d’intimidazione psicologica che minorizzano l’indagato per sopportare di fronte a sé degli uguali, irriverenti, turbolenti, irrispettosi.
Comoda è la posizione dell’inquisitore che pone le domande in una condizione di vantaggio, privo di condizionamenti, fresco e riposato, sostenuto dall’ausilio della forza coercitiva di cui dispone, dalle informazioni raccolte durante mesi di violazione della sfera privata del suo ostaggio, e di cui ha disposto il saccheggio della vita e dei beni, la perquisizione della casa, infrangendone l’intimità, invadendo e appropriandosi d’oggetti a lui cari, di strumenti di lavoro, dei segreti e dei ricordi, appunti e sogni, ed a cui vorrebbe – dopo tutto ciò – rieducare la coscienza, misurare i valori etici, raddrizzare la morale, arrogarsi il diritto di giudicare il percorso personale svolto nel fetore di una putrida cella di sicurezza.
Un po’ come quei magistrati codini pieni di cipria che la rivoluzione giacobina dell’’89 mise al bando, Caselli disprezza il frastuono del mondo: le urla, le grida, gli schiamazzi. L’unico rumore socialmente ammissibile per lui è quello dei ferri, una sinfonia di chiavi, serrature e blindi che sbattono.
L’atteggiamento di Caselli ricorda molto da vicino quello di un personaggio di Franz Kafka narrato in un brano conosciuto sotto il nome di frammento del sostituto, e ritrovato nei suoi quaderni postumi (Michael Löwy, Franz Kafka. Rêveurs insoumis, Stock Paris 2004).
In quelle pagine Kafka si divertiva a mettere in scena il ragionamento di un sostituto procuratore incaricato di sostenere l’accusa nei confronti di un uomo incolpato di lesa maestà.
Secondo quel magistrato le cose del mondo dovevano attenersi ad una curiosa geometria dell’autorità che vede la vita assumere sempre una linea ricurva, nella quale la postura dell’essere ha senso unicamente se rivolta in posizione arcuata, prona, reclina, flessa, prostrata, accucciata, soprattutto mai dritta: «Egli credeva che se tutti avessero collaborato con il Re e il Governo [è dunque nella legalità] nella calma e nella fiducia, si potevano superare tutte le difficoltà[…] più grande era la fiducia, e ancora di più si doveva curvare la schiena, ma in virtù di principi naturali, senza bassezza. Ciò che impediva uno stato di cose così auspicabile, erano personaggi della risma dell’accusato che, usciti da non si sà quali bassi fondi, venivano a disperdere con le loro grida la massa compatta delle brave genti».
In questo modo l’obiettivo della macchina giudiziaria non era più quello d’applicare un semplice castigo ma di spingere a collaborare attivamente alla propria punizione affinché la condanna assumesse il senso di una vera correzione, o piuttosto l’ossimoro della correzione come dicevamo all’inizio, cioè il raddrizzamento, la messa in riga attraverso la curvatura dell’individuo.

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La vera storia del processo di Torino al “nucleo storico” delle Brigate rosse: Caselli sapeva che la giuria popolare venne composta grazie all’intervento del Pci

4 pensieri su “L’insopportabile ferita narcisistica ricevuta da Giancarlo Caselli

  1. In fondo il funzionamento della Democrazia è semplice: Tutti hanno il diritto di parola, l’1% ha il diritto di decidere, il 99% al il dovere di subire mentre esercita il suo diritto di parola.

    Martedì mi sono visto Ballarò 8a volte mi piace torturarmi da solo per non perdere l’abitudine, non si sa mai cosa può capitarti nella vita.

    Si è parlato di No Tav ed altro e tutti hanno solennemente condannato la violenza.
    Ospiti di Giovanni Floris il sindaco di Firenze Matteo Renzi, il sottosegretario al lavoro Maria Cecilia Guerra, lo scrittore francese Dominique Lapierre, l’economista Michele Boldrin, il segretario generale della Cisl Raffaele Bonanni, il presidente della Regione Emilia-Romagna e della conferenza dei presidente delle Regioni Vasco Errani, il presidente della regione Piemonte Roberto Cota, il direttore del Giornale Alessandro Sallusti, Quello che ha scritto che Luca Abbà è un cretinetti perchè se le cercata e la trovata, e tutti difendono il sacrosanto diritto di parola di Caselli.

    A fine trasmissione sono andato a letto tranquillo, felice. Sapere di vivere in uno Stato in cui tutti, istituzioni, rappresentanti sindacali, economisti, giornalisti, con le loro belle facce pulite e severe sono contro la violenza mi fa sentire sereno e con dolcezza e facilità scivolo tra le braccia di Morfeo.

    Verso le 3-3,30 mi sveglio di soprassalto invocando l’aiuto di Caselli, ero tutto sudato, cerco di rilassarmi, ho avuto un incubo.

    Stavo in un posto a me sconosciuto circondato da migliaia di corpi maciullati accatastati uno sull’altro, corpi di donne, anziani, bambini, quelle poche facce intatte non avevano tratti italiani erano genti dell’Iraq, dell’Afghanistan, di Libia, di Serbia, al confronto le foto dei campi di stermio nazisti mi sembravano le foto di VIP. mi dissi vabbè ma quelle non sono persone, esseri umani, sono solo effetti collaterali e mi rilassai.

    Ma l’incubo prosegue. Vedo i solenni funerali dei militari caduti l’affranto Presidente della Repubblica che accarezza la bara dei morti, inizio a correre come un forsennato, corro, corro, corro, arrivo ad un edicola e compro un giornale, Il Giornale, sfoglio avidamente le pagine dicendomi, questa volta lo denuncio, cercavo un articolo in cui si diceva: Infondo sono dei cretinetti se la sono cercata e l’hanno trovata, si perché sono loro che sono andati li non il contrario. Per fortuna non l’ho trovato

    Ma l’incubo continuava, rividi la vecchina che intervenne a Ballarò dalla Val di Susa diceva che lei doveva presentare un Passi alla polizia per entrare e uscire da casa propria, in una Democrazia? Ma queste cose succedevano nell’occupazione nazista?! Evidentemente la vecchina aveva confuso il periodo storico, a pensarci bene aveva anche un po la faccia da Black Block e questo mi tranquillizzò.

    Ma il maledetto incubo non finisce. Mi passarono davanti le foto dei corpi violati della Diaz, di Bolzaneto, di Aldrovandi, Uva, Cucchi. E non c’è più stato verso di riprendere sonno.

    AIUTO DOTTOR CASELLI
    Enrico

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