Criticare Saviano è possibile

Smentita la telefonata fantasma di Saviano a Felicia Impastato, madre di Peppino

Chec. Ant.
Liberazione.it 22 gennaio 2013

Saviano non ha mai parlato con la madre di Peppino Impastato, non nei termini che descrive in un libro. Felicia non gli avrebbe mai detto: «Come madre ti dico di smettere, come donna di andare avanti». E la battaglia per la verità sui depistaggi è iniziata ben prima del film “I cento passi”. Lo ha accertato un Gip di Roma che ha archiviato la querela presentata da Saviano contro Paolo Persichetti per degli articoli su Liberazione in cui, sentita la famiglia Impastato, aveva osato contraddire lo scrittore più scortato d’Italia.
Persichetti si è limitato a fornire «una diversa ricostruzione della vicenda basata su fonti attendibili, in quanto direttamente riconducibili ai familiari della madre di Peppino Impastato, nel frattempo deceduto».

Liberazione batte Saviano: il diritto di critica è possibile anche nei suoi confronti
Persichetti aveva dato notizia della querela del Centro Impastato e dei familiari di Peppino ad Einaudi, editore di La parola contro la camorra, perché l’autore ripristinasse un minimo di correttezza storica nella narrazione della battaglia per la verità sull’assassinio di Impastato, un episodio “accessorio” nell’economia dell’articolo che tuttavia per Saviano ha assunto un significato capitale: la presunta telefonata che Felicia Impastato, madre di Peppino, gli avrebbe fatto nell’estate del 2004.
Episodio che Saviano racconta con dovizia di particolari in un altro libro, La bellezza e l’inferno, ma che viene smentito da testimoni fondamentali. Umberto Santino, presidente del centro Peppino Impastato di cui fu amico e compagno, torna a chiedere ad autore ed editore la rettifica di «affermazioni non veritiere. Sappiamo che non ci sono mezzi legali per imporla. Chiediamo semplicemente un atto di onestà intellettuale».
Tutto comincia dalla sua lettera-diffida dell’ottobre 2010 che dimostrava come i processi contro i mandanti dell’assassinio erano cominciati prima dell’uscita del film, nel settembre del 2000, e che già nel 1998 si era costituito, presso la Commissione parlamentare antimafia, un comitato per indagare sul depistaggio delle indagini. Einaudi rispondeva che «ulteriori iniziative diffamatorie» sarebbero state «perseguite nei termini di legge». Una richiesta di verità veniva scambiata per diffamazione. 
Che si trattasse di «una querela senza fondamento» era chiaro anche al pm che aveva chiesto l’archiviazione ordinata ieri, 21 gennaio.
La procura chiede l’archiviazione della denuncia per diffamazione a mezzo stampa presentata contro due articoli apparsi su Liberazione nell’autunno del 2010. Saviano si oppone. La denuncia-querela era stata depositata il 12 gennaio 2011 dall’avvocato Nobile di Caserta, per conto di Roberto Saviano, nei confronti di Persichetti, all’epoca a Liberazione, e di Dino Greco. I due articoli oggetto della querela risalivano al 14 ottobre, “«Non c’è la verità storica». Il centro Peppino Impastato diffida l’ultimo libro di Saviano” e il 10 novembre “«Vieni via con me». Ma dove va Saviano?”.
Saviano ha provato a dimostrare che i testi avessero «ampiamente trasceso il diritto di critica e di cronaca», che Persichetti avesse tentato di «aggredirlo a mezzo stampa» «vomitando il proprio odio ossessivo e ossessionato nei confronti di un soggetto, del quale non si preoccupa minimamente di commentare, criticare, stigmatizzare le azioni, ma rispetto al quale esprime un ‘verdetto’». 
Per il pm, invece, «le critiche – scrive nella richiesta di archiviazione – possono infatti dirsi ampiamente ricompresse entro i limiti di operatività della scriminante» che la Cassazione «esaminando le frequenti interferenze tra l’esercizio dei diritti di cronaca o di critica e il reato di diffamazione a mezzo stampa» ha individuato da diverso tempo. 
«Entrambi gli interventi del giornalista riguardano la dimensione pubblica del querelante, il suo interesse per il fenomeno della criminalità organizzata, le sue analisi e le opinioni affidate a libri e programmi televisivi ad ampia diffusione, destinati, per la natura delle tematiche affrontate, a provocare discussioni e a sollevare inevitabili polemiche». «In secondo luogo, non sembra che le espressioni utilizzate da Persichetti nella formulazione dei suoi giudizi possano considerarsi gravemente lesive della reputazione del querelante. Malgrado il tono dei due articoli (e, in modo particolare, del secondo) sia a tratti aspro, pungente e caustico, non sembrano esserci gli estremi per poter affermare che si sia trasmodato nell’attacco personale e nella pura contumelia».
In estrema sintesi, «il diritto di critica va riconosciuto nei confronti di persone la cui voce e immagine abbia vasta risonanza presso la collettività grazie ai mezzi di comunicazione, anche quando si manifesti in forma penetrante e a volte impietosa», ricordava la pubblica accusa citando una sentenza di Cassazione. Dirà anche il gip, archiviando, che Persichetti quando scrive che «la verità sul suo assassinio venne a lungo tenuta nascosta anche grazie al depistaggio di carabinieri e magistratura. Un passato che con tutta evidenza il dispositivo Saviano non può più raccontare», «critica in modo anche duro e aspro, il rapporto tra Saviano e gli organi inquirenti, i quali proprio nella vicenda Impastato, hanno svolto un ruolo assai discusso. Tali critiche non trasmodano nell’attacco personale… con conseguente configurabilità del diritto di critica».
L’autore di Gomorra ritiene, invece l’affermazione di Santino, «una falsità». Parla di lui come di un personaggio sconosciuto ma che tuttavia non ha avuto il coraggio di querelare, rivolgendo i suoi strali unicamente contro il direttore di Liberazione e Persichetti per non aver verificato – a suo dire – il fondamento della notizia e non averlo interpellato prima di redigere il testo, quando è evidente il riferimento ad un suo precedente scritto. 
Ma il nodo, in conclusione, è lo iato tra l’antimafia sociale, quella di Peppino, e l’antimafia ufficiale di cui Saviano è stato nominato depositario dai più importanti gruppi editoriali.
Rileggersi gli articoli di Paolo può essere parecchio interessante: qui (sul caso Impastato) qui (sulla strasmissione “Vieni via con me”) e poi ancora qui, qui e qui.

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3 pensieri su “Criticare Saviano è possibile

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